RECENSIONE
di Mariagrazia Pelaia
http://www.cucinaecozoica.com/
Paola Broggi, Armonizzazione Femminile. Riequilibrio delle polarità di genere
(Edizioni Akkuaria, Catania 2008)
Il nostro pianeta non è molto cambiato da quando Jung aveva notato che il malessere e il disagio della nostra società poggiano su uno squilibrio fra la parte maschile e femminile nella cultura occidentale, che rende impossibile l’integrazione matura della collettività in un processo di individuazione completo. La disastrosa situazione economica ed ecologica del nostro pianeta oggi ci mette drasticamente davanti a questa realtà.
Lo squilibrio è rappresentato dal peso preponderante che ha il maschile nel modello culturale e psichico su scala planetaria. Uno stato salutare di crisi si è avviato nei paesi occidentali con i movimenti di liberazione femminile nell’Ottocento età di Venere, ma questo stato di disagio dura ormai da quasi un paio di secoli senza approdare a una guarigione convincente… anzi, per più versi si intravede un peggioramento.
Scrivevo nel 2003 in Macrozodiaco e matriarcato (“Ricerca ’90”, n° 55, 2003) facendo il punto di un quinquennio di studi comparativi fra astrologia morpurghiana e studi matriarcali (ora giunto al traguardo del decennio:
Attualmente le donne sono ben lontane da una vera parità. Nel mondo occidentale la presunta liberazione della donna ha portato finora soltanto al loro diritto-dovere di trasformarsi in uomini, cioè di pensare e agire al maschile: forse è meglio che non essere considerate affatto… Ma questo offre a molti uomini il pretesto per affermare che anche le donne sono aggressive e violente… Si vedono tuttavia i primi segnali di crisi di questo modello: al rampantismo unisex degli anni Ottanta del Novecento si sta lentamente sostituendo un nuovo ideale che privilegia il ritorno in famiglia e agli affetti lavorando meno ore, oppure lavorando addirittura in casa. Insomma, il tempo dell’anima ricomincia ad essere considerato più prezioso di quello sacrificato alle apparenze, al carrierismo e al lavoro. Fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta del secolo scorso molti pianeti lenti si sono spostati dal segno del Capricorno a quello dell’Aquario, entrambi segni domiciliari di Saturno. Il segno del Capricorno AM contiene la stella dei sistemi matriarcali virilizzata (perché l’autorità non può essere femmina nel patriarcato, così Atena diventa Saturno), ma in qualche modo attraverso la trasparenza di Giove (o meglio Giunone) evoca la sua controparte BF. Per cui negli anni Ottanta si è avuta un’esplosione arrivistica e brutale di tipo marziano, ma al tempo stesso, in modo larvato, si è espresso il lato cripto-ateneo e cripto-gioviale del Capricorno BF: per esempio (e mi scuso con tante altre studiose non citate) sono state pubblicate le opere della Gimbutas e della Abendroth […]. Poi i lenti si sono trasferiti in Aquario e negli anni Novanta queste ricerche sono fiorite […] Quando Nettuno si trasferirà nei Pesci (ma già in parte da quest’anno [2003, nda] con l’ingresso di Urano nel segno) emergerà con maggiore evidenza la componente spirituale che accompagna questa imponente ondata mondiale di ricerche, in cui studiose e studiosi dei più disparati paesi e università hanno cominciato a muoversi verso la stessa direzione, all’insaputa una (o uno) dell’altra.
Questa doverosa premessa spiega perché recensisco un libro di contenuto extra-astrologico sulle pagine di “Ricerca ’90”. In realtà un testo apparentemente peregrino, e strada facendo vedremo perché.
Il saggio di Paola Broggi presenta infatti un metodo pratico per arrivare, come recita il sottotitolo, al “riequilibrio delle polarità di genere”: la danza come riconnessione all’elemento terrestre della parte femminile sia per le donne ma anche per gli uomini. Si tratta di una sintesi elaborata dall’autrice in anni di esperienza che assommano vari saperi corporei: lo yoga, il gi quong, il metodo di armonizzazione degli organi genitali di Reouma Cohen e le danze tradizionali egiziane.
Ciò che le donne occidentali hanno disimparato in tre-quattro millenni di patriarcato è tutto il sapere a loro più affine e consono: il sapere del corpo guidato dall’ascolto intuitivo di sé e degli altri, o nelle parole dell’autrice “il cervello di sotto, l’intelligenza del ventre”.
Paola Broggi parte dalla constatazione che il mondo occidentale soffre di un evidente squilibrio di polarità di genere al maschile, che lei individua come una “dicotomia tra corpo e mente”, una modalità culturale che “ha come perno centrale la mente e come valore la razionalità”, un astrarsi dalle esigenze del corpo, per assecondare valori quali la competitività a ogni costo e l’esteriorità.
A mio parere il nostro linguaggio che esprime il condizionamento patriarcale non ha consentito all’autrice di esprimere meglio questa idea, e cioè che la dialettica di genere maschile e femminile, espressa zodiacalmente da Sole contrapposto a Saturno/Atena, in quanto stelle dei sistemi zodiacali patriarcali e matriarcali nell’ambito del Macrozodiaco AB, ci rivela qualcosa di più complesso: il Sole stella maschile si contrappone a Saturno stella femminile in panni maschili, e dunque il Sole rappresenta il contrario della Ragione: la Ragione o Razionalità che si ritiene essere il centro del modello culturale maschile, patriarcale o occidentale, non compete simbolicamente al Sole, bensì al suo opposto speculare, Saturno, che rappresenta una stella matriarcale in vesti maschili dalla Morpurgo identificata come Atena. Dunque, al centro del modello culturale zodiacale patriarcale c’è una contrapposizione del Potere maschile con la Ragione di genere femminile e il tentativo di appropriarsene dialetticamente rivestendola di panni virili, snaturandola e creando un surrogato che definirei più propriamente Razionalismo, ovvero l’apparenza di un contenuto razionale e logico dietro a sofismi e maschere, l’Intellettualismo e la Metafisica in cui si perde spesso la conoscenza negli istituti di ricerca patriarcali, che approda nell’estremo tentativo di autolegittimarsi come Scientismo e Riduzionismo.
Più propriamente quindi la nostra autrice dovrebbe distinguere tra una Ragione al maschile (forse con la r minuscola) e una Ragione al femminile, con la prima che tende a soverchiare la seconda, cioè quella collegata al corpo, alla dimensione terrena, agli stati e ai mutamenti fisici. Ma della contraddizione è inconsciamente consapevole la stessa autrice quando scrive: “Agire in modalità femminile è sedere e riflettere, entrare in uno stato di contemplazione dei problemi, lasciare spazio al proprio istinto e affinarne le capacità di ascolto per trovare soluzioni che non creino altri problemi, forse più grandi di quelli che si vogliono risolvere [corsivo mio]” (p. 9).
Quindi l’azione femminile è riflessione, cioè attività prodotta dall’uso attento della ragione.
La prova che il femminile vive in una situazione di grande squilibrio nonostante apparenti “vittorie” e “conquiste”, per usare un gergo tipicamente patriarcale, è nel forte aumento delle violenze sessuali e fisiche alle donne, tanto da essere ormai la prima causa di morte delle “civilizzate” europee… Come giustamente l’autrice osserva noi siamo scandalizzati dalla violenza che colpisce le donne nei paesi del terzo mondo, ma non ci accorgiamo che siamo noi stesse coinvolte in prima persona. “Il problema è causato dal clima culturale in cui siamo immersi” (p. 17). E qui l’immagine a cui ricorre è di stampo mitologico sì, ma di stampo prettamente astrologico: la rabbia distruttiva di Marte può essere contenuta e placata dal grembo di Venere!
A questo punto possiamo considerare l’armonizzazione femminile proposta dall’autrice come una terapia di riequilibrio delle polarità zodiacali, e probabilmente dall’esame di una carta astrale noi capiremmo immediatamente chi ne ha più bisogno.
Per raggiungere l’obiettivo di una maggiore diffusione della felicità venusiana l’autrice propone una pratica che è anche un’arte, la danza, ma non fine a se stessa, una pantomima ginnica in cui la componente estetica si fa competitiva e va a discapito della salute del corpo.
L’armonizzazione femminile è invece un rifare la conoscenza del corpo, uno stringere lentamente amicizia con tutte le parti di noi stesse. È molto carina questa immagine: “In genere l’occidentale non abita il proprio corpo, lo porta in giro trascinandolo con la mente, lo stressa di esercizi perché abbia un aspetto piacevole, lo riempie di qualsiasi cibo senza chiedersi di quale nutrimento necessita realmente, lo vive come una immagine tridimensionale o non lo vive affatto” (p. 34).
E allora secondo l’autrice dobbiamo ripartire dal respiro, che viviamo come un automatismo, e invece è uno strumento vitale che possiamo coscientemente accordare. Inoltre dobbiamo recuperare il controllo dei centri energetici delle tradizioni orientali e della postura.
L’autrice ci addita a esempio la Primavera del Botticelli: “L’osso sacro è rivolto a terra come per piantare le sue radici […] nel terreno e l’inguine è aperto e allungato; il bacino è dritto e può contenere il peso degli organi interni e della parte superiore. Il busto è assestato in avanti e appoggiato sull’addome, le spalle e il collo sono appoggiati sul busto e la testa è in equilibrio, ben assestata sul collo. In breve ogni parte poggia su quella inferiore e tutto il peso è sorretto dalle gambe e dai piedi” (p. 36).
In pratica, la prima cosa che le donne dovrebbero fare per armonizzare la propria difettosa parte femminile è togliersi i tacchi e ricominciare a camminare a piedi nudi sulla terra. L’uso di questo strumento di tortura dedicato al godimento maschile regala alle donne un indebolimento del pavimento pelvico, e quindi un aumento dei rischi di prolasso degli organi interni e maggiori difficoltà al momento del parto…
Insomma si dovrebbe tornare a dare importanza alla parte bassa del corpo! E acquisire il controllo sul respiro che scioglie gli irrigidimenti muscolari. Invece l’abbigliamento femminile alla moda è concepito in modo da soffocare letteralmente le donne con reggiseni modellati per l’effetto estetico e non per la libertà di movimento polmonare e collant e pantaloni strettissimi…
L’autrice nota quindi che le presunte libere donne occidentali sono in realtà costrette in gabbie molto più dannose dei burqa islamici: paradossalmente le donne orientali hanno ancora la libertà di movimento per il loro corpo sotto a quei caffettani che a noi fanno tanto orrore… non sarà che ci disturba la sgradevole proiezione della nostra condizione di prigionia?
Infine le donne occidentali dovrebbero riacquisire consapevolezza della potenza delle pelvi e del proprio utero. E qui torniamo a uno spunto astrologico: l’utero insieme agli organi sessuali tiene le donne in contatto con la ciclicità della vita. Il ciclo mestruale, sincronizzato con il ciclo lunare, è alla base della conoscenza al femminile. Esso trova analogie con il ciclo stagionale. Entrambi sono circolari e fondati su quattro fasi che in modo alterno tornano incessantemente a ripetersi.
E questa non è altro che astrologia: il cerchio zodiacale suddiviso nei quattro angoli da cui partono i segni e le case, simbolicamente riferite ai quattro elementi.
Dunque la pratica che l’autrice suggerisce per curare lo squilibrio fra i generi rafforzando il calpestato polo femminile è in sostanza un’astrologia danzata, che speriamo molti dei lettori avranno voglia di vedere e praticare dopo la lettura di questo libretto diviso in due parti, la prima che parla al cervello di sopra “che vola sull’ottovolante della mente” (e qui mi pare che la mente non sia quella prettamente maschile di cui sopra, anche se i condizionamenti ci spingono in questa direzione volenti o nolenti) e la seconda al “cervello di sotto che nuota nel mare dell’inconscio” (qui rappresentata da una serie di componimenti lirici, che sottintendono i movimenti di danza dell’autrice).
Tale danza è evocata dalla tempera su carta riprodotta nella copertina del libro, di cui è autore il compagno di vita dell’autrice, Mamadì Kabà: in esso il motivo del cerchio quadripartito e della spirale, cioè i fondamentali ingredienti macrozodiacali, è di immediato impatto visivo.
Agli interessati non resta che abbandonarsi alla lettura.
Mariagrazia Pelaia